L’assassino dell’acquedotto

Cari Tutti,

lo so, lo so, vi avevo detto che avrei scritto presto la seconda parte dell’articolo sulla decapitazione, e vi prometto che lo farò, solo che nel frattempo sono andato fuori città per lavoro, ho messo le mani su un videogiuoco di quand’ero pargolo a cui non giocavo da oltre trent’anni… Eppoi, ho scoperto e studiato quest’altra notizia, di cui mi va di parlarvi oggi. Ma in fondo, come vedrete, non è che ci allontaniamo di troppo dall’argomento.

Se vi chiedessi chi è stato il piú grande omicida seriale dell’Ottocento, probabilmente rispondereste in coro: Jack lo Squartatore. Ecco, no, vi devo correggere. Jack ha goduto di una fama immeritatamente grande perché all’epoca la stampa londinese gli ha dedicato tante attenzioni, successivamente amplificate dal cinema e quant’altro, ma in confronto all’individuo di cui vi parlo oggi, era proprio un pivello.

(Intendiamoci: volevo essere ironico. Non vorrei in alcun modo che sospettaste che secondo me ammazzare sei prostitute sia roba da poco).

Ebbene, vi parlerò del primo serial killer della storia moderna del Portogallo. Diogo Alves, classe 1810, a dire il vero portoghese non era: era venuto alla luce nella confinante Spagna, ma quando aveva diciannove anni la famiglia lo mandò a lavorare a Lisbona. Nella capitale lusitana, Diogo pare si comportasse in maniera irrequieta: perdeva spesso il lavoro, frequentava bettole, beveva, giocava d’azzardo, litigava… Un poco di buono, insomma. Finché un bel giorno conobbe l’ostessa Maria Gertrudes, per gli amici “Parreirinha”, separata dal marito e con due figli da sfamare. Se ora state immaginando una storia di redenzione, in cui Diogo e Gertrudes si innamorano e ognuno dei due mette in riga l’altro, che finisce cólle parole “e tutti vissero felici e contenti”, vi state sbagliando di grossa.

Gertrudes in effetti divenne la sua amante, ma anziché, chessò, prenderlo a lavorare nella sua bottega o cercare di addolcire i suoi istinti aggressivi, lo indusse a intraprendere una brillante carriera criminale. A Lisbona v’è un pittoresco acquedotto, detto di Àguas Livres, che oltre a fungere da tubazione per l’acqua, sulla sommità è calpestabile e costituisce un ponte, nel punto piú alto raggiunge l’altezza di 65 metri.

Di Lijealso – Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=4588067

Ebbene, Diogo era riuscito a farsi una copia della chiave della galleria dell’acquedotto (a oggi gli storici non sono riusciti a capire come ci sia riuscito), di notte vi si intrufolava e sbucava fuori assalendo d’improvviso lo sfortunato passante, lo derubava, lo buttava di sotto e poi scompariva di nuovo dentro alla galleria. Le sue vittime venivano scelte in maniera molto intelligente: doveva trattarsi di una persona sola e dall’aspetto “povero”, in questo modo nessuno avrebbe sospettato nulla. In quel periodo l’Europa era ancora sconquassata dagli effetti delle guerre napoleoniche e si preparava ai moti rivoluzionarî, Lisbona era piena di poveracci che giungevano dalle campagne per cercare una vita migliore e finivano malamente. I suicidî erano all’ordine del giorno, per cui se qualcuno trovava il corpo di un disgraziato di bassa estrazione sociale alla base dell’acquedotto, non indagavano nemmeno sulle cause della morte: chiaramente aveva deciso di farla finita.

La strategia funzionò egregiamente per tre anni, ma poco a poco qualcuno cominciò a sussurrare che ci fosse un “assassino dell’acquedotto”… Finché, nel 1841, Diogo venne arrestato. Come fece la polizia a scoprirlo? Tecnicamente Diogo non aveva commesso alcun errore, semplicemente venne “tradito” da Maria de Conceição, la figlioletta undicenne della sua amante, la quale raccontò al giudice di aver sentito l’uomo di sua madre vantarsi delle sue imprese e mostrare anche alcuni oggetti che aveva rubato alle vittime, che fu in grado di riconoscere quando le furono mostrati in tribunale.

Non è possibile calcolare con precisione il numero delle vittime di Diogo, ma si stima che siano state almeno settanta. Avete letto bene: settanta, in tre anni. Il suo collega Jack lo Squartatore, mezzo secolo piú tardi, si fermerà a sei vittime. Le vittime accertate del mostro di Firenze sono quattordici. Ovviamente, il verdetto fu di colpevolezza, ma ironia del Destino, malgrado la testimonianza della ragazzina non riuscirono a provare che fosse lui l’assassino dell’acquedotto; tuttavia, lo incastrarono per qualche altro “crimine comune” (non stava mai cólle mani in mano). Fatto sta che Diogo venne condannato all’impiccagione, penultimo condannato a morte nella storia del Portogallo. La sua donna, che tanta parte aveva avuto nel portarlo sulla via sbagliata, venne esiliata a vita nelle colonie africane. Non so che cosa sia successo alla ragazzina (e all’altro figlio, di cui nemmeno so il nome), spero però che non li abbiano mandati in Africa assieme alla madre, non esattamente un modello di virtú.

Questa fu la fine dell’assassino, ma non di Diogo Alves. O almeno, non di tutto Diogo Alves… Mi spiego: dopo l’esecuzione, qualcuno pensò di tagliargli la testa e di riporla sotto formaldeide in un barattolo di vetro. Quel barattolo è ancora visibile in uno scantinato della Facoltà di Medicina di Lisbona adibito a museo, ed è diventato un’attrazione turistica. Il viso di Diogo è conservato benissimo, pare estremamente sereno (il contrario di com’era in vita), e devo dire che non era nemmeno un brutto ragazzo… Dico “ragazzo” perché quando venne giustiziato aveva trentuno anni, oggi probabilmente vivrebbe ancora con mamma e papà e il suo problema piú grande sarebbe decidere dove andare in vacanza l’estate prossima cólla fidanzata.

Immagine tratta da: https://pereulki.com/2015/06/ubijtsa-s-akveduka-istoriya-diogo-alvesha-samogo-izvestnogo-prestupnika-portugalii/

Ma perché, vi starete chiedendo, a quest’illustre assassino è stata recisa la testa e si è deciso di preservarla? Non vi fu alcun intento morale o macabro fine a sé stesso. Semplicemente, in quel periodo (prima metà dell’Ottocento) andava di moda una novella disciplina scientifica (che oggi definiamo pseudoscientifica) chiamata “frenologia”. Forse un giorno scriverò un articolo al riguardo, per ora, in breve, vi dirò che la frenologia postulava che le varie parti del cranio e del cervello fossero collegate a particolari emozioni, inclinazioni, pensieri, e che quindi si potesse stabilire una correlazione tra forma esteriore del capo e personalità dell’individuo. Se per esempio avete mai sentito dire che una persona dalla fronte alta è intelligente… Ecco, è una sciocchezza nata all’epoca, e forse non sarete sorpresi di sapere che l’inventore della frenologia, Franz Joseph Gall, da quanto si vede nei ritratti dell’epoca, aveva proprio la fronte alta.

In ogni caso, se oggi sappiamo che la frenologia è una panzana, all’epoca era legittimo verificarne le asserzioni, e Diogo venne considerato un ottimo esempio di studio, giacché era malvagio, perverso oltre ogni dire, e quindi esaminandone il cranio avrebbero certamente trovato i segni della sua natura abietta.

Quindi, direte voi, la sua testa sarà stata esaminata… Non proprio. L’idea era quella di conservarla e poi di aprirla, tagliuzzarla, al fine di studiarne il cranio, ma ciò non è mai stato fatto: la frenologia perse credibilità proprio in quegli anni e nessuno volle fare questo lavoro sporco, ritenuto inutile. Gli unici studî effettuati su questa testa sono stati superficiali, l’unico degno di nota venne condotto dal medico Francisco Ferraz de Macedo nel 1886, che concluse che un trauma cranico riportato quando era caduto da cavallo da bambino potesse aver influito sulla personalità dell’individuo. Questa è l’unica conclusione a cui sono giunti, peraltro una quarantina d’anni dopo il decesso dell’assassino.

Quindi, riassumendo: a metà Ottocento a Lisbona è esistito uno dei peggiori briganti e serial killer della storia, che buttava la gente giú da un acquedotto, è stato giustiziato e per una bizzarria del Destino la sua testa si è salvata ed è esposta come se fosse un divertimento. In tutto questo, lo sguardo del capo mozzato di Diogo Alves mi fa una certa impressione, mi trasmette serenità. E questo mi sembra sbagliato, ma non so che farci. Se mi capiterà di recarmi a Lisbona, credo che farò un piccolo “macabro tour” per visitare sia lui che il convento francescano ricoperto di ossa. Dario Argento mi fa un baffo.

Approfondimenti

Se sapete il russo, vi consiglio questo video:

Qui trovate una breve cronaca di quanto vi ho detto in inglese:https://www.ripleys.com/weird-news/diogo-alves/

Progetta un sito come questo con WordPress.com
Comincia ora